Sveglia assai
difficoltosa. La necessità di dormire si scontra con le sole 4 ore di sonno e
col lento allungamento delle occhiaie che avanzano come cavalli al galoppo. Al
fine di vivere e spremere Rio al meglio, non c'è affatto tempo per stringere il
cuscino. Un bus verso Plaza XV, poi l'incontro con Germano ed infine il lungo
viaggio verso l'altra parte della città nella favela denominata “Cidade
de Deus” (City of God) in compagnia della nostra accompagnatrice Luisa.
L'importanza di
conoscere qualcuno “interno” alla vita quotidiana di questi luoghi è un
principio fondamentale per rimanere sani e salvi dall'entrata all'uscita della
piccola “città”. Le baracche, lo sporco a terra, i bambini che giocano e
corrono urlando come se fossero a Disneyland, gli scorci di vita familiare
attraverso uno steccato, i piccoli bar interni al quartiere. Un fascino
decadente, dove la miseria diviene qualcosa di sublime poiché vissuta in un
modo del tutto differente dal contesto europeo, ove già solo non avere acqua calda per
un giorno può essere un grave problema per molte persone.
Su e giù per
stradine strette, con i fili elettrici dell'alta tensione pendenti sulle nostre
teste, intrecciati in complicate evoluzioni che hanno ben poco di un “aspetto
sicuro”. La loro forma estetica, a dir poco ingarbugliata e complessa, sembra
essere un riassunto visivo del “caos ordinato” che vige all'interno di essa.
Affamato con un lupo, dopo aver scattato fotografie e passeggiato tra le
abitazioni di fortuna di questi luoghi, ho la fortuna di essere invitato a
pranzo da un'amica di Luisa, una famiglia composta da nonna, mamma, simpatica
figliola.
Salutiamo gli
abitanti della favela e la polizia di pattuglia. A seguire, attendiamo
un lungo eterno ritorno verso il centro città con oltre un'ora di viaggio
all'interno della vastissima e trafficatissima Rio del Janeiro. Una capatina
solitaria a Copacabana dove compro una noce di cocco presa direttamente da una
pianta sulla spiaggia, offertami da due giovani brasiliani arrampicatisi per questo nobile fine. Domando ad un rivenditore sul litorale di darmi una mano a
rompere il cocco affinché possa bere il latte con una cannuccia, che
trovo molto molto e dissetante (non potete immaginare la quantità di succo contenuta!).
Proseguo a camminare giù, verso la colonia dei pescatori ammirando lo splendido
paesaggio con cielo coperto ma assolutamente affascinante del cielo di Rio de
Janeiro verso la famosissima Ipanema. Qui surfisti a lato delle grandi rocce mi ispirano a scattare molte fotografie ammirando al contempo una vista
mozzafiato sui grandi faraglioni a picco sull'oceano
Dopo circa un'ora inizia a piovere e torno lentamente verso l'ostello ma non senza aver fatto
prima una splendida merenda in compagnia dei panettieri con: un medaglione di prosciutto e formaggio fuso, un succo di maracuja ed il caro vecchio caffettino nero come gran finale (tutto compreso solo 3,50 reales). Ancora una piacevole passeggiata di ritorno verso casa ed infine la bloggerata
riassumente questi lunghi giorni brasiliani passati su e giù per la gigantesca Rio de Janeiro.
Faccio una doccia rinfrescante e a seguire l'importante prenotazione taxi per le 5.15 del mattino col fine di arrivare alla stazione e poi prendere un bus diretto per l'aeroporto Rio de Janeiro/Galeão–Antonio Carlos Jobim. Esco dopo aver sentito la nostra nuova Aiesecer di fiducia su internet ed in un paio
di minuti prendo la metro, scendo alla stazione Botafogo con l'aiuto
premuroso di una gentila signora di mezza età iperattiva e con l'amore degli
stranieri, raggiungo il locale.
All'ostello “Contemporaneo” arrivo bagnato da una leggera
pioggerellina ascoltando musica jazz dal tetto sopra il bar esterno. Poco dopo le goccioline si trasformano in pioggia ed il concerto deve terminare. La fantomatica Aisecer dal volto sconosciuto non si è ancora
identificata. Trovo ciò molto strano e, dopo un lungo giro di contatti, arrivo infine al suo numero di telefono per notare che la persona si trova giustamente al mio
fianco, solo un paio di metri più in là! Ridiamo entrambi dell'assurdità della situazione. Facciamo due parole mischiate a chiacchiere in francese con un'antropologa belga, in inglese con altri ragazzi Aisecer ed infine ascoltiamo tutti il concerto jazz del trio nel pianerottolo delle scale dell'ostello.
Il pubblico si spalma tra l'entrata alle stanze, una
piccola mostra d'arte contemporanea, i muri bianchi e stretti dei corridoi spiaccicato ma felice di
sentire il bel ritmo, la bella voce nera, i begli arrangiamenti di chitarra. In seguito, finite le note dolenti di saudade, usciamo procedendo verso il quartiere a bere qualcosa di birrosamente alcolico. Si accompgna il tutto con patatine e cosce di pollo nella filosofia free sharing con un nuovo piacevole giro di conoscenze. In tarda serata mi accompagnano gentilmente alla stazione dei bus per il ritorno a
Copacabana ed io, affamato e pensieroso, torno verso casa girando per il
quartiere in cerca di qualcosa ancora aperto che mi possa saziare. Ovviamente, è tutto chiuso.
Mi rassegno e faccio le valigie in un totale stato di sonnolenza. Vado a
dormire solo alle 2 del mattino, sapendo che alle 5 suonerà la sveglia per andare in aeroporto.
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Eccome non morire di saudade ripensando ad Ipanema? (Thanks to the unknown japanese photographer that clicked it for me) |
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