Dopo
aver dormito nello stile homeless con
materasso a terra e coperta di Mickey Mouse piuttosto sporca
(approfitto della casa di Germano posta a 500 metri dalla scuola e
non a 30 minuti di bus come la mia reggia vicino il campus
UFSM), mi alzo e mi reco
sonnecchiando come uno zombie a
fare lezione. Incontro una ragazza AIESEC che tradurrà per me
dall'inglese la prossima sbrodolata sulla cultura italiana di base e/o
introduzione all'antropologia con tanto di accenno alla mia ricerca
sul campo. Bevo due tazze di caffè, mate ed
una coppa di riso al latte -specialità locale molto dolce e
piuttosto pesante- aspettando d'iniziare la lezione con circa 40
studenti -due classi unite- riguardante Malinowski y Lévi-Strauss
brasileiro fino alla
mia scappata rwandese (con gran finale leggero sull'Italia dalla mozzarella al David di Michelangelo).
Le lezioni sono a volte fin troppo coinvolgenti per alcune studentesse in preda all'ormone. Dopo le due ore combinate in accordo con l'insegnante d'inglese locale ritorniamo al centro AIESEC per trovare qualcuno pronto a tradurre le nostre interviste ai nativi indios. Non raccatando nessuno torniamo prima a lavorare a casa e poi a mangiare un boccone ad un ristorantino centrale con la solita vendita piatto a peso (ma con costo triplicato, circa 30 reales) che mi permette finalmente di mangiare delle sane verdure dopo l'abbuffata carnivora degli ultimi giorni. Prendiamo un altro paio di contatti per la nostra traduzione in caso di emergenza, poi un ragazzo AIESEC ci porta avanti indietro per la cittadina cercando fantomatiche ONG che o sono in chiusura nel primo pomeriggio o non riescono a presentarsi alla luce del sole. Ripieghiamo sul teatro/museo/aula concerto “Theatro Treze de Maio” dove scatto alcune foto e prendo l'interessante programma della settimana.
Gli italiani si dividono. Io vado al mio solito internet café a skypeizzare e post-produrre foto, poi mi reco con mille indicazioni all'UNIFRA (luogo del nostro primo Global Village) dove svolgo in solitaria la seconda lezione di portoghese ripetendo nuovi termini brasileiri.
Le lezioni sono a volte fin troppo coinvolgenti per alcune studentesse in preda all'ormone. Dopo le due ore combinate in accordo con l'insegnante d'inglese locale ritorniamo al centro AIESEC per trovare qualcuno pronto a tradurre le nostre interviste ai nativi indios. Non raccatando nessuno torniamo prima a lavorare a casa e poi a mangiare un boccone ad un ristorantino centrale con la solita vendita piatto a peso (ma con costo triplicato, circa 30 reales) che mi permette finalmente di mangiare delle sane verdure dopo l'abbuffata carnivora degli ultimi giorni. Prendiamo un altro paio di contatti per la nostra traduzione in caso di emergenza, poi un ragazzo AIESEC ci porta avanti indietro per la cittadina cercando fantomatiche ONG che o sono in chiusura nel primo pomeriggio o non riescono a presentarsi alla luce del sole. Ripieghiamo sul teatro/museo/aula concerto “Theatro Treze de Maio” dove scatto alcune foto e prendo l'interessante programma della settimana.
Gli italiani si dividono. Io vado al mio solito internet café a skypeizzare e post-produrre foto, poi mi reco con mille indicazioni all'UNIFRA (luogo del nostro primo Global Village) dove svolgo in solitaria la seconda lezione di portoghese ripetendo nuovi termini brasileiri.
Stringo
un sacco di giovani conoscenze universitarie, butto giù con Germano il nuovo planning
delle attività da svolgere domani ed infine ci rechiamo alla prima lezione di capoeira
alla "Casa de Cultura" in centro a Santa Maria. Con la nostra amichetta Nachos assistiamo agli
allenamenti di questa danza rituale/marziale, ne restiamo
subito affascinati e colpiti, ma nessuno osa provare ancora questa faticosa
disciplina che ha nelle sue radici la lotta alla schiavitù e la
ribellione interiore (n.d.A.).Svolgo
il mio solito appassionato réportage e a seguire ci presentiamo al maestro dal
cordino bianco e giallo (ovvero, lunga esperienza e possibilità d'insegnare) per fissare
l'appuntamento per una prossima intervista approfondita.
Prendiamo una birra con i
due colleghi colombiani AIESEC e
l'imperdibile nachita. Mi faccio leggere la mano dal nostro collega sudamericano -o meglio, le mani- riconoscendo molte
possibili o probabili verità, poi sfumacchio una leggera
sigaretta indiana tornando alla fermata del bus sperando nell'ultimo
passaggio in direzione “Camobi”. Per grazia ricevuta dal cielo,
il bus passa a mezzanotte in punto. Seguono trenta minuti di
viaggio nella solita totale oscurità con l'imperdibile dubbio di
avere smarrito la strada. Dopo la fermata
all'aviazione brasiliana, ecco l'arrivo di fronte la
fabbrica di fertilizzanti e la chiesa evangelica; 30 metri a piedi e la casa
delle meraviglie è raggiunta. Con la pila del cellulare apro tre
portoni diversi passando per differenti ostacoli ed un cane feroce
quanto Bambi, poi
divoro due banane ed un pezzo di formaggio prima di cadere morto dal
sonno. C'est la vie, quelque
chose va toujours passer!
![]() |
#Miguel @ Escola Cicero Barreto taking a short lesson about Anthropology with Germano# |
![]() |
#Miguel @ Theatro Treze de Maio, Santa Maria, Rio Grande do Sul, Brazil# |
![]() |
Il programma mensile del "Theatro
Treze de Maio"
Foto by Miguel Pascal (eccetto #) |
hai sostituito l'ikivuguto con il riso e latte !!!
RispondiEliminaMa in realtà no, non mi piace come il caro vecchio latte cagliato di Kigali. In compenso sono ora dipendente dall'erba Mate come un fiero "pélo duro gaucho" di Rio Grande do Sul.
RispondiElimina