Dopo aver scritto fino a tarda notte le memorie di un blogger mi
risveglio con un chihuahua zompettante intorno al letto dal far
simpatico ma molesto. Cosa certa, mi sveglio incredibilmente alle
otto del mattino -ora locale- piuttosto riposato forse per effetto
dell'adrenalina e della curiosità di scoprire o Brazzzil. Colazione
con la mamma di Fernando che si piscia dal ridere per l'incidente
involontario del cagnolino a base di banana, miele, yogurt e caffè
da una moka italiana importata dal suo figliolo che studiò in
terra italica. Non mancano i soliti sandwiches prosciutto e
formaggio, le chiacchiere sul più e sul meno fino all'uscita con
Nando, grande apprezzatore di
meninas italiane
(per il momento non posso proprio biasimarlo). Dopo un pranzetto a
base di “pasta alla brasiliana” -niente male, firmata dal padron
dè casah- Marianne mi recupera alla fermata del bus portandomi nella
downtown di Santa
Maria a gironzolare un po' tra ristorantini a poco prezzo, negozi di
telefonia mobile -tra cui la cara vecchia TIM, tale e quale
all'Italia- e McDonald in versione ridotta dedicata alla vendita di
gelati -strano ma vero-.
Incontrato Germano ci si dirige
verso la Global Community dove presenteremo prodotti tipici italiani
– 4 souvenirs in croce, ovvero spaghetti e pesto Barilla, maglia
dell'Italia presa a Porta Palazzo e la mancante canotta originale del
Napoli dell'eccellente casertano D.O.C.G.-, ed infine una moka
imprestata per l'occasione da
Fernando. Gli altri banchetti hanno sì più oggetti (come ci dice
Nathalie: «sarà per colpa del “dolce far niente”
mediterraneo?»), ma di certo gli italiani tengono banco e parlottano
con chiunque gli capiti a tiro rendendosi subito simpatici allo
studentato brasileiro. Ad un certo punto mi ritrovo a fare
un'intervista in inglese alla radio locale sulla mia esperienza da
studente, la ricerca sul campo in Rwanda, le aspettative brasiliane e
il mio primo contatto con Santa Maria.
Tutto in scioltezza, dieci minuti di
scambio di battute, poi si continua il réportage rimbalzandomi da un
angolo ad un altro dei banchetti espositivi da tutto il mondo. Il
pomeriggio passa in fretta grazie anche alla spinta del buon Mate
(chimarrão) che
consumo a grandi quantità dai colleghi colombiani e prenoto come mio
prossimo acquisto obbligato prima di tornare in Italia. Si fa presto
sera e, dopo aver chiacchierato con decine di studenti, ecco che i
banchetti si rianimano e con Germano ci dirigiamo a gustare un caffè
brasiliano annacquato e certo non degno della produzione di questo
prodotto nel paese– pare che il café
migliore sia esportato e, comunque, la moka
non è usata comunemente in Brasile-.
In tarda serata si sbaraccano
gli stands, la luce si
fa più tenue e l'aria più fresca. Per ragioni logistiche devo
tornare a casa accompagnato da alcuni ragazzi senza approfittare di
una cenetta con gli amici brasiliani appena conosciuti. Sarà per i
prossimi giorni, ci sarà tempo e modo di recuperare. Domani vi sarà
l'incontro con una responsabile AIESEC per un nuovo mini trasloco, la
parte introduttiva al corso che dovrò tenere, la prima lezione di
portoghese e chissà cos'altro. Nel letto, tra una chiacchiera
mentale e l'altra, le palpebre si chiudono e vi do la buona notte. A
saudade do pato, companheiros!

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