30 aprile, Day 16. Bidoni clamorosi ed amene località tamarre.

       Mi sveglio molto presto per poter presenziare puntuale come un orologio svizzero alla Cicero Barreto. 7.30, lezione preparata, netbook carico e progetto educativo nel taschino. Peccato che, arrivato alla scuola, non trovi nessuno dei traduttori delegati, l'insegnante d'inglese non ci sia e nessuno pare saper nulla tranne una bidella che si ricorda del mio viso. Parlo con un simpatico insegnante di spagnolo facendogli vedere qualche foto presa da Google sulla sua zona d'origine nel nord est italiano, leggo qualche curiosità su un paesello di nome “Mori” e parliamo degli stereotipi brasiliani dal punto di vista italiano (e, ovviamente, l'inverso). Copacabana e caipirinha vs. mandolini e pizza, amazzoni contro mafiosi e così via, insomma: tra la presunta verità della banalità e la sola banalità. Mi accordo con una responsabile dell'organizzazione delle ore d'insegnamento per capire quando lavorare e dove sia il problema; sono soccorso da una gentile ragazza antropologa (ebbene si, anche qui incontro gli “antropofagi”) che si offre di tradurre per me le prossime lezioni in caso di necessità e di collaborare su qualche tema comune di studio.
      Provo ad andare al centro trasporti per ottenere la “carta sconto studenti” ed ammortizzare i tempi facendo una bella mezz'ora di coda ma scoprendo che, a causa di una lurida fotocopia mancante, non posso nemmeno iniziare la procedura. Burocrazia fottuta, torno al “Germano's place” e, dopo il solito lavoro scribacchino-post-pro-fotareccio, prendo un bus per Camobi alla ricerca di ristoro, nanna, doccia e clima familiare per attennuare lo stress di questi giorni. La mia famiglia ospitante si rivela come al solito fantastica soprattutto nell'offrirmi i già conosciuti tortelloni di zucca che sono in grado di rimediare ad ogni malessere dell'anima e del corpo. Una bloggerata pomeridiana in compagnia della nonna brasileira intenta a fare una sciarpa per la sua nipotina intrecciando miracolosamente i ferri e la lana di colore blu, con la terribile sensazione d'aver perso qualcosa per strada, d'essere stato derubato dal destino o forse solo dalla volontà altrui farcito come una torta di panna montata da una strisciante saudade che sa abbattere anche i cuori più duri.
        Dopo aver gustato le meravigliose pizzette di Isabella (di cui una caduta con maestria dalla sua padella alla mia gamba) mi accingo a riprendere il bus “Carlos Gomez” verso la downtown e la rinominata località “Germano's Kingdom”, ovvero la stanza con i due materassi gettati a terra su cui viviamo nel centro città. Si incontrano sotto casa i vari amichetti brasileiri e si beve una veloce birra al “Jackye's” attendendo di mettersi in coda per questo fantomatico “Ballare”. In quest'ultimo locale il tamarro raggiunge vette mai viste ed il servizio di sicurezza pare debba tener d'occhio una fortezza piena di “donne e uomini dai facili costumi”. Dopo 4 birre di default comprese nel prezzo, altre tre divise in società ed infine altre due versate in bicchieretti di plasticaccia, la serata finisce alle 6 a.m. con una mezza dormita sul tavolaccio da lavoro del regno di Germano. Sorge un mistero ed una domanda spontanea: se non v'è più nessun materasso a terra, il mio materasso...dove diavolo sarà finito?

#Nuovi acquisti brasileiri? Ma anche no#

#Miguel visiting "Germano's Kingdom"#

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