Sveglia alle
ore 5.02 e partenza in tutta fretta alle ore 5.15 con un'intraprendente
taxista donna che pare avere molta fretta di andarsene. Si fila via lisci sull'asfalto di Rio con una temperatura decisamente
bassa per le normali condizioni termiche di questa fascia tropicale. Prendiamo
un Bus Real Premium di colore blu a 12 reales, diretti all' "Aeroporto Internacional Galeão / Tom Jobim" dove ci imbarcheremo per Porto Alegre.
Arriviamo con un
buon anticipo e scopriamo che il volo è stato posticipato per ragioni
sconosciute dalle 9.15 alle 9.50; inoltre, il Gate è cambiato all'ultimo minuto ma poco male, siamo
comunque in orario. Alla porta R5 troviamo l'airbus che ci porterà al
nostro primo scalo della giornata. Dopo un paio d'ore di viaggio su un aereo
che, contro ogni aspettativa, non fa alcuno scalo a San Paolo (terzo mistero
della compagnia Avianca) atterriamo direttamente a POA. Ora ci sono "solo" 6 ore di
aspettativa nella sala relax che ci dividono dal prossimo velivolo che ci porterà a Lisbona.
Cerchiamo
disperatamente una rete wi-fi gratuita ma, ovviamente, sono disponibili solo
reti a pagamento. Dopo aver visionato e scartato un'offerta à la
“Arsenio Lupin” (5 R$ per 10 minuti di connessione, e persino 15 R$ per
scaricare delle foto su cd), ce la caviamo con 11 reales e spicci per
sei ore di connessione indispensabili a sopravvivere nella noia dell'attesa.
Come pranzo un ultimo Sunday de Morango, 4 R$ di bontà satura di grassi
accompagnata da un cappuccino nello stile american-brasiliano nonché dalla
scrittura de “Le mie piccole memorie/prigioni bloggeristiche” di Miguel
“Pellico” Pascal.
Ci si
imbarca nuovamente e senza problemi se non per il colpo di scena finale
all'ufficio passaporti, situato al Gate d'imbarco dell'Airbus Flytap: è
necessario di fatto esibire la ricevuta noi consegnata nel mese di aprile, al
momento dell'ingresso nel paese. Ovvero, un foglietto di carta preso 6
settimane fa, timbrato dalla polizia federale e perso in chissà quale angolo
della valigia. Sono fortunato: lo trovo subito in mezzo le ricevute messe da
parte in una apposita cartellina. Germano, invece, non ha la più pallida idea di dove
sia. Si parla di una multa di 800 dollari da pagare per un pezzo di carta
mancante (!) -della cui importanza nulla fu comunicato a riguardo-. La cosa diviene ancora
più assurda poiché sul passaporto viene sempre posto il timbro d'entrata (!); ed è proprio
questa la carta decisiva che ci fa vincere il round decisivo con la polizia
federale evitando spiacevoli assurde multe.
Dopo questa
tragi-commedia brasileira, eccoci pronti a tritare circa 10.45 ore di volo internazionale, conditi con: due
pasti abbondanti e buoni, un pezzo di “Lo Hobbit” in lingua originale con
sottotitoli portoghesi, la ricerca della posizione giusta per dormire su un
volo intercontinentale, l'attesa snervante ed un piccolo maldischiena continuo
e strisciante. Mi risveglio con la colazione pronta davanti il mio piccolo
tavolino di fronte il sedile, sbranandola come solo un affamato lupo della steppa
digiuno da diversi giorni può fare.
Siamo quasi
arrivati: 35 minuti all'atterraggio a Lisbona. La lunga saga brasileira
sta giungendo al termine e, come tutti i “grandi viaggi” -poco importa la loro
durata- giunge il momento degli addii. Germano fa le riprese che chiuderanno l'ultima
puntata dedicata alla saudade, ci si saluta e ci si stringe la mano, poi
ci dividiamo: lui Gate 16, io Gate 19, diretti rispettivamente verso Roma e
Milano. Il mio imbarco è alle 13.10 ora portoghese, circa 45 minuti dopo
l'arrivo da Porto Alegre; l'ultimo mio volo durerà altre due ore.
Il tempo per
riflettere è molto. Penso al futuro prossimo, a come sia buona la scrittura di
Salza, a quali bandi di ricerca accademica partecipare ringraziando allo
stesso tempo i Black Keys per avere registrato uno splendido EP come "Chulahoma",
capace di liberare serotonina e novocaina nel mio organismo (la voce finale
della moglie del “fantasma” alla segreteria telefonica ne è la prova lampante).
Scendo dall'aereo, sono a Milano. Sento subito un' ”aria di famiglia” -non
tanto Wittgensteiniana, quanto un leggero sapore, un forte odore di casa
natìa-. Le voci con accento milanese mi ricordano quanto noi italiani rimaniamo
inequivocabilmente un fenomeno antropologico davvero interessante, pieno di gestualità,
voce ad alto volume, modi di dire ed intercalari famosi in tutto il mondo come “Mamma
mia!” e “Ma che cazzo!” (che tanto facevano ridere i nostri amici brasileiri).
Ancora un po' di attesa a Linate, un bus diretto per Torino Porta Susa, la
rimpatriata familiare e...anche questa sfacchinata è terminata.
Difficile dire
quali sensazioni mi passino per la testa. Sento una gran voglia di scrivere,
fermare il tempo, abbracciare tutti i singoli momenti di questa nuova, passata
esperienza brasiliana. La consapevolezza che qualcosa di questo viaggio rimarrà
dentro di me per sempre è palpabile, tra il brivido freddo lungo la schiena ed
il pizzicotto per risvegliarsi dal sogno, una scarica di vita con elettrodi emotivi e la morte dei
rami secchi caduti per saudade. Sono pronto a vivere l'estate
italiana in arrivo dal fresco inverno gaucho del Rio Grande do Sul, a far risuscitare
interiormente "due mondi" come un piccolo Garibaldi, così tanto amato dagli
italiani immigrati in questa parte del sud America.
Cosa ci riserverà il futuro?
Un saluto a tutti i lettori,
miguel pascal
miguel pascal
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Reflex-ctions in Brazil with "Translating" Nachos Verardi. I feel "saudadinho" about going around in Santa Maria takin' photo-reportages every day. |
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Preparare la lezione del giorno attendendo i piccoli diavoli della Cicero Barreto...la saudade può essere anche tecnologica? |
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#Mi mancheranno le collaborazioni, le uscite con gli amici, le nuove conoscenze brasileire (e non solo)# |
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Mi mancheranno i coloratissimi Graffiti di Santa Maria |
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